Chiudere il cerchio

L’altro giorno scorrendo con gli occhi i volumi ordinatamente disposti sullo scaffale mi sono imbattuto nel libro di un tizio che nel 1991, a Bali, decide improvvisamente, come folgorato da un’idea magnifica, di girare in Vespa per buona parte del Sud-est asiatico.

E ho subito pensato che è proprio così che per me è iniziata tutta questa faccenda: con un ventenne che sognava ad occhi aperti di vivere avventure fantastiche in luoghi remoti, celati da una fitta nebbia di mistero. E poi scriverne, farne dei racconti, diventare una specie di Terzani.

Chissà che avevo in testa: brandelli di storie lette qua e là, fotogrammi di film intrisi del più becero esotismo occidentale.

Dopo tre anni di studio su pesanti manuali fotocopiati, accese discussioni nel cortile dell’università e persino una storia d’amore finita male con un’indonesiana, ero finalmente pronto per quelle avventure che avevo in mente. Ovviamente avevo già creato il mio primo blog, perché non era forse quello lo scopo ultimo, il motore che muoveva i miei passi?

La realtà, in quell’occasione, si dimostrò più spietata di quanto avessi mai potuto immaginare, aprendo crepe nelle mie debolezze e paure. Crepe che mi fecero intravedere un vuoto inimmaginabile sotto la sottile crosta della lucidità, un vuoto in cui precipitare, e che sarebbero putute tramutarsi in profondi solchi se non avessi preso la saggia decisione di lasciare anzitempo Jakarta.

E qui, signori, si conclude la parte brutta di questa storia. Poi c’è la Cina.

Ci arrivo qualche anno più tardi e con in mano un pezzo di carta che al massimo mi sarebbe potuto servire per intraprendere la “carriera” accademica. Venticinque anni e un cinese poco più che elementare in tasca, che se pensavo ai 5 anni di università passati a imparare intere file di caratteri mi veniva da piangere.

A Kunming però riesco a spogliarmi di quelle illusioni e fantasie che si erano rivelate fatali nel mio precedente viaggio. Abbraccio il pragmatismo cinese: è un lavoro di riduzione, teso a lasciare solo lo stretto necessario e ad eliminare il superfluo.

E alla fine scopro chi sono, o meglio chi non sono: non un giramondo, non un blogger professionista, non un incallito esotista pronto ad abbandonarsi completamente all’ammaliante richiamo di sirene lontane, arrivando persino ad abiurare la propria cultura per quella che nella maggior parte dei casi è nient’altro che un’idea.

Niente di tutto ciò, semplicemente un estimatore di questa sorta di universo parallelo fatto di contrasti stridenti, di suoni e profumi intensi che si intrecciano in un vortice impetuoso, in cui si irradia un’energia a noi sconosciuta e che ci fa sentire vivi come non mai.

Soprattutto, uno che non ha mai smesso di pensare all’Italia e alla Bellezza che si è lasciato alle spalle, e finalmente, incredibilmente, si sente quasi pronto a tornarci, anche solo per un breve periodo.

Per chiudere un cerchio e riaprirne un altro. 

When they break your heart, When they cause your soul to mourn, Remember what I said, Boy you was battle born.

The Killers

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