Il mondo a quattro zampe

In questi ultimi mesi della mia vita mi sono trovato continuamente nelle posizioni più strane. Con le ginocchia a terra, agonizzante per il dolore, completamente disteso sul pavimento con la guancia premuta sul finto parquet, sdraiato sul letto con la testa penzolante verso il basso.

E ho scoperto angoli nascosti della casa in cui stiamo vivendo i nostri anni più belli e intensi. Cento metri quadrati che credevo di conoscere a memoria e di cui invece ignoravo svariati punti. Specialmente quelli sotto i mobili, che rimangono in una perenne oscurità e ingoiano con voracità oggetti di ogni genere.

Da quei luoghi misteriosi, popolati da colonie di acari e chissà quali altre strane creature, ho rinvenuto palline saltellanti, resti di veicoli incidentati, esseri sbrilluccicanti dalle fattezze vagamente animalesche.

È una pratica faticosa e laboriosa, e a volte da quei recessi remoti finisci per tirare fuori anche cose dai contorni meno definiti. Beni immateriali ma non per questo meno pesanti e ingombranti. Ricordi e sensazioni ormai dati per smarriti, al punto da dubitare della loro stessa esistenza. Invece erano lì, bisognava solo allungare la mano.

Come sempre è una questione di prospettiva, e da lì sotto le cose si valutano sempre in maniera diversa. Forse è per questo che i marmocchi hanno sempre quella specie di sorriso compiaciuto sul volto. Hanno già capito tutto del mondo e custodiscono gelosamente il segreto.

Noi, da lassù, non possiamo fare altro che goderci con un pizzico di invidia questa miracolosa corsa contro il tempo che, da un giorno all’altro, fa di un bambolotto inanimato un quadrupede e poi addirittura un bipede.

Probabilmente non sto dicendo niente di nuovo a tutti quelli che come noi si sono tuffati, con una certa dose di inevitabile inconsapevolezza, in questa roba complicata ma avvicente che è la genitorialità.

Gli altri hanno già tacitamente accettato l’idea di non rovistare più nei propri archivi mentali. Ma non è per forza un male. Gli hard disk, in fondo, sono stracolmi di foto e video che non saranno mai più visualizzati. Specialmente quelli fatti ai concerti, dalla qualità audio penosa, o davanti ad un paesaggio mozzafiato, con l’assurda convinzione di riuscire a catturare l’essenza di un momento solo con un click.

Molto meglio le foto sbiadite anni ’80 e ’90. Al massimo tre, quattro rullini all’anno, sempre quelle, che quasi come un riflesso condizionato ci mettiamo a sfogliare ogni volta che torniamo nelle case dove siamo cresciuti. Quelle sono ancora lì, resistono indefesse agli scossoni della Storia.

Questa, dove il piccolo Ferdi ha mosso i suoi primi passi e detto le sue prime parole, molte delle quali in cinese, questa invece chissà, considerando la velocità vertiginosa a cui si muove tutto a queste latitudini.

Spero di ritrovarla qui quando Ferdi, divenuto ormai un adulto che guarda il mondo da un’altra prospettiva e si butta a terra solo per raccogliere un oggetto da sotto un mobile, mi chiederà di vedere il posto in cui è nato, in cui gli sono spuntati i primi dentini, mosso i suoi primi passi e detto le sue prime parole, molte delle quali in cinese.  

Humpty Dumpty sat on a wall.
Humpty Dumpty had a great fall.
All the king’s horses and all the king’s men
couldn’t put Humpty together again

(Filastrocca popolare inglese)

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