Vincè ti ho mai parlato di Serena La Pazza? Se non l’ho fatto, è solo perché il mio subconscio deve averla confinata nei recessi più remoti della mente, proprio come succede con alcuni traumi mai del tutto superati.
Tipo come quando da piccolo ti capita di vedere o sentire i tuoi genitori fare all’amore, o il tuo cagnolino, un batuffolino bianco non più grosso di un pugno, finire sotto una macchina guidata dal tuo vicino di casa mentre sta facendo retromarcia.
Ecco, Serena La Pazza rappresenta questo per me: un trauma infantile irrisolto, uno schock che non potrà essere elaborato adeguatamente se non dopo qualche decennio di terapia. E che si rinnova ogni volta che torno a Kunming e la vedo lì, seduta nello stesso punto dello stesso bancone dello stesso locale a bere lo stesso drink, con lo stesso taglio di capelli, la stessa tipologia di indumenti (hai presente quei vestitini che scendono stretti lungo i fianchi e terminano prima delle ginocchia lasciando scoperte le gambe?) e lo stesso rossetto acceso che illumina le labbra più sensuali mai viste sul volto di una cinese.
Sembra che in questi anni non si sia mossa di un millimetro, un perno fisso attorno al quale ruota tutto il resto di Kunming e della Cina, probabilmente del mondo. Anche le tiritere sulla sua sventurata vita sentimentale sono rimaste quelle di sempre, e così le sue scialbe invettive contro l’intera categoria maschile, accusata a più riprese e senza mezzi termini di profonda decadenza, mancanza di sobrietà, superficialità e scarsa serietà nell’affrontare una relazione di coppia.
Non cambia mai, inoltre, la sostanza degli argomenti utilizzati per respingere i miei insistenti arrembaggi, in special modo quelli beceri alimentati da una massiccia dose di alcol di pessima qualità nonché da un secolare ingrifamento.
Idiozie sul fatto che due che si conoscono da tanto tempo non dovrebbero finire a letto insieme (?), o che abbiamo troppi amici in comune (??) o ancora che rischieremmo di rovinare tutto (???????).
L’ultima volta, qualche mese fa più o meno, dopo aver offerto il meglio del repertorio delle scuse, ha aggiunto che mi preferiva quando ero più paffutello e un po’ più timido. Che ero cambiato. Con la bocca impastata e quasi incapace di reggermi in piedi, ho farfugliato qualcosa tipo: “Hai visto? Ho rovinato tutto. Ora che non c’è rimasto più niente da rovinare andiamo a casa tua.”
Non sono sicuro che abbia apprezzato la battuta, però, così sulla fiducia, mi ha lasciato un’impronta scarlatta delle sue indimenticabili labbra sulla guancia e se n’è andata.
Perché vedi, carissimo Vincenzo, per me andare a Kunming e prendere almeno un palo da Serena La Pazza è come farsi il segno della croce quando si entra in chiesa, è come bere un sorso d’acqua frizzante prima del caffè (e mai viceversa, come una certa sottocultura oscurantista vorrebbe cercare di convincerci), è la scarpetta alla fine del pasto o la proverbiale scrollatina dopo la minzione.
I’m such a good lover because I practice a lot on my own.
(Woody Allen)
Vorrei ricordare chi davvero, tra noi, è davvero riuscito a “concludere” con Serena LaPazza.
grazie per non avermi chiesto di pagarti i diritti di copyright sul suo soprannome