Il caso ha voluto che l’appartamento di Eric si trovasse esattamente nel cuore della Chengdu by night, un’area che negli ultimi anni ha conosciuto uno sviluppo improvviso e rapidissimo. Dove fino a qualche tempo fa regnava il nulla assoluto, sono stati tirati su centri residenziali, grandi supermercati, strutture sportive, ristoranti. E naturalmente tanti bar e club.
Che in molti casi hanno ben poco di diverso da quelli che si vedono in molte altre città cinesi, tranne per il fatto che, almeno in questa zona, sembra essere minore il numero di discoteche luride. Mah sì, quelle arredate in maniera che definire kitsch sarebbe fin troppo riduttivo, con piattaforme che si sollevano da terra, neon disturbanti, motivi vagamente classicheggianti del tutto fuori luogo, poltroncine ghepardate e sgabelli incatenati ai tavolini per evitare che vengano usati come oggetti contundenti durante le frequenti risse.
Seconda casa di piccoli gangster di periferia e delle loro pupe che tradiscono umili origini sotto chili di trucco e vestiti osceni, dove inquietanti esibizioni canore pop si alternano a DJ set in cui trionfa il gusto per l’orrido.
A Kunming, dove locali di questi tipo sono molto più facili da trovare, ci andavamo principalmente per festeggiare determinate ricorrenze, ma prima di entrare ci imbottivamo di alcol e sprofondavamo in uno stato di semi-incoscienza che ci permetteva di arrivare fino alla mattina senza tentare il suicidio ed uscire vivi da quell’inferno. Sarei ipocrita se dicessi che tutto ciò non mi manca affatto, e infatti non lo dirò.
In compenso qui a Chengdu vanno molto di moda i locali aperti all’interno di grandi palazzi. Per quanto bizzarro possa sembrare, è proprio così: veri e propri pub o discoteche che sorgono in palazzi dove ci si aspetterebbe di trovare appartamenti o tutt’al più uffici.
Poiché i vari locali si trovano su piani diversi, l’ascensore sostituisce la corsa di taxi per spostarsi da una parte all’altra e i corridoi fungono da marciapiede per fumarsi una sigaretta o fare due chiacchiere con calma. A tratti sembra quasi di essere tornati indietro ai tempi in cui le feste venivano organizzate in casa, e ancora devo decidere se è una sensazione che, in Cina e a 27 anni, mi faccia piacere o meno.
E se ci si stancasse di tutto questo? Anzi, mettiamola così: e quando ci si stanca di tutto questo? Intendo dei luoghi chiusi e affumicati, dei drink annacquati e dell’alcol scadente, della musica poco stimolante, di vedere sempre le stesse persone.
Fortunatamente Chengdu offre un’alternativa che, credo, poche altre città cinesi possono vantare. Si chiama San Shen Xiang ed è anche conosciuta come la “Città dei Fiori” per la presenza di numerose serre. Nonostante disti solo 30 minuti dal centro, sembra in realtà un altro mondo, con i suoi vialetti stretti, la quasi totale assenza di macchine e costruzioni alte, i prati e i deliziosi Bed&Breakfast e case da tè dove è possibile godersi un pomeriggio lontani dal caos urbano.
Proprio alcuni di questi all’occorrenza possono tramutarsi in perfette location per feste all’aperto e concerti. Come è successo l’altra sera, il primo maggio per la precisione, quando un gruppo della Mongolia Interna si è esibito su un palco che ricordava molto un garage, di fronte ad un cortiletto affollato al punto giusto.
Mentre mi godevo il bel folk-rock mongolo e mi gustavo una fresca birra tedesca, ho pensato che questo posto è una benedizione in Cina, un paese dove gli svaghi alternativi (che brutta parola) non sono ancora tantissimi. Dove prevale ancora il frastuono eccessivo ed immotivato, dove l’intrattenimento tende ad appiattirsi per assecondare solo i desideri delle masse e tutti, anche quelli che con determinati generi di divertimenti non avevano mai avuto un grande feeling, finiscono per scivolarci dentro come in un grande imbuto.
– “What have you been doing all these years?” – “Been going to bed early…”
(dal film “Once Upon a Time in America”)