Peanut Butter

Finora Mike si è rivelato un gran bel compagno di viaggio, oltre ogni aspettativa oserei dire. Questi 10 mesi di convivenza mi hanno riservato momenti da ricordare per molto tempo.

Come quella volta in cui lo trovai intento a vendere i suoi stracci al mercato delle pulci, circondato da cinesi che in realtà erano più attratti dalla singolare scenetta che dalla merce esposta, perlopiù abiti usati e altri strani gingilli comprati chissà dove.

Era la sera prima del trasloco nella nuova casa. L’americano di Atlanta era tutto contento per i 150 yuan guadagnati in meno di quaranta minuti. Sarebbero stati molti di più se solo avesse ceduto alle insistenti avances di un acquirente estremamente interessato al suo grosso zaino da hiking e alla bicicletta, lo scattante e nero destriero che per Mike vale più di ogni altra cosa al mondo.

All’ultimo minuto era persino riuscito a piazzare, ad un prezzo ridicolo peraltro, l’orribile e ingombrante aquilone a forma di drago che non aveva mai visto la luce del sole dal giorno in cui qualcuno, probabilmente una dolce pulzella dagli occhi a mandorla, gliene aveva fatto dono.

Era smagliante quella sera, il suo sorriso solitamente contagioso era più largo che mai sulla faccia leggermente abbronzata. Non faceva che parlare di upgrade, di rivalsa quasi, dell’inizio di una nuova fase della nostra permanenza a Kunming.

Anche a me sembrava strano che di lì a qualche ora ci saremmo trasferiti in un luogo che si avvicinava molto al concetto di “casa”, dove non c’erano penzolanti cordicelle per accendere la luce ma normali interruttori, in cui se aprivi l’anta di un armadietto questa non ti sarebbe restata in mano, con addirittura un bagno che non era un tetro sgabuzzino con un buco in terra.

Qualcuno potrebbe dire che ci eravamo dati per vinti, che avevamo ceduto anche noi alle tentazioni della modernità, che avevamo rinnegato il nostro credo di “vivere alla cinese”.

Che poi l’idea di trovarci un posto migliore di quella catapecchia sgarrupata in cui avevamo vissuto per ben 9 mesi, non ci avrebbe nemmeno lontanamente sfiorato se non ci avessero sbattuti fuori per venderla.

Ridevamo di questo l’altro giorno al party di benvenuto che Mike aveva insistito per organizzare, superando la mia profonda diffidenza per le feste a casa, specialmente quelle che iniziano alle 7 e che prevedono tra le portate principali panini al formaggio e nacho chips.

In quel momento dentro di me speravo che, oltre che per la casa, l’americano si fosse potuto elevare in altre cose, come ad esempio la cucina, la scelta delle fidanzate cinesi, l’incomprensibile passione per Justin Timberlake.

Fortunatamente quella sera aveva messo Bruce Springsteen e i Rolling Stones e i suoi spaghetti tailandesi erano meno unti del solito. Anche la sua nuova fiamma, per quanto vagamente insopportabile e appiccicosa nei suoi 20 anni cinesi (che corrispondono ai nostri 12 più o meno), era almeno più decente di una delle ultime creature che aveva avuto il coraggio di portare a casa, simpaticamente da me ribattezzata WokFace per le dimensioni spropositate della sua faccia.

Comunque a volte mi piacerebbe essere un po’ più come lui, prendere tutto con leggerezza e riuscire ad apprezzare appieno quello che si ha, anche se alcuni direbbero che non è molto. Vorrei pensare al futuro ma senza farmi prendere dal panico. Vorrei mangiare chili di delizioso burro di arachidi sostenendo che non fa affatto ingrassare come dicono tutti. Vorrei che saltare sul mio destriero nero e schizzare per le strade trafficate e inquinate di una città cinese del sud-ovest bastasse a farmi sentire bene, a far comparire sulla mia faccia quel sorriso contagioso che conoscono tutti.

la mia casa è tutta sgarrupata, i soffitti sgarrupati, i muri sgarrupati, il pavimento sgarrupato. A volte mi sento sgarrupato anch’io.

(Dal film: “Io speriamo che me la cavo”)

2 risposte a “Peanut Butter

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