Il momento dell’addio

Se vi aspettate un post pieno zeppo di sentimentalismi e di profonde riflessioni sul significato della vita e sul valore dell’amicizia, temo rimarrete delusi. La mia è una semplice constatazione, frutto di settimane passate a salutare, una dopo l’altra, tutte le persone che finora hanno fatto da cornice alla mia esperienza cinese. Del resto, come si dice, dopo un po’ ci si abitua a tutto. Si sta male, si trattiene qualche lacrima, ci si sente improvvisamente disorientati, ma poi si va avanti. Qualcuno recentemente mi ha dato del cinico. Beh, se continuassi a lasciarmi trasportare dalle emozioni come ho fatto in passato non penso che resisterei molto quaggiù. Irene non sarebbe d’accordo con me. Qualche giorno prima di salire sul treno che l’avrebbe portata via da Kunming per chissà quanto tempo (è da un po’ che ho smesso di usare le parole “sempre” e “mai”), mi aveva confidato di essere stufa di tutto questo. Stufa di dover cambiare amici ogni 5/6 mesi, di non poter stringere delle relazioni “solide e durature”. Anche un po’ stufa di Kunming e della Cina. In fondo la capisco, ma non mi sembra un motivo valido per tornare in Italia senza un piano. Ieri ho letto l’elenco delle cose bizzarre che le sono capitate in questi ultimi 12 mesi, dei lavori che si è trovata a fare (“Esistono lavori che non esistono”), e mi sono venute in mente le parole di una mia carissima amica ai tempi dell’università. Era appena tornata dalla Cina e, con l’espressione sognante e un po’ malinconica di chi ha appena concluso un lungo e intenso viaggio, mi disse che quello era il posto adatto per sperimentare novità e svelare aspetti della propria personalità che erano rimasti sepolti per tutta una vita. Oggi finalmente capisco cosa intendesse, e di certo lo capisce anche Irene. Che si è trovata a vagare in solitaria nel Sud-est asiatico per 3 settimane, che ha lavorato come modella nonostante il metro e 60 di altezza, che ha avuto una storia con un suonatore di flauto cinese dalla pelle scura e dai lunghi capelli conosciuto ad un concerto in cui si era esibito con la sua band, che è rimasta intrappolata per più di 6 ore nella camera da letto di una coppia di americani che l’avevano assunta per dar da mangiare ai loro due gatti mentre erano via, che ha fatto la comparsa in un film cinese pieno di star locali che lei nemmeno conosceva, che è stata ad un passo dal diventare una croupier in qualche bisca clandestina. Chissà a quale di questi episodi stava pensando l’altro giorno, quando è improvvisamente scoppiata a piangere per le strade di Macao. Tra qualche ora, in un moderno aeroporto pieno di cinesi e stranieri, dall’altoparlante una voce femminile in un perfetto inglese inviterà i passeggeri del volo Hong Kong – Milano a recarsi al gate per l’imbarco. Una hostess dagli occhi a mandorla controllerà che sia tutto in regola e poi un’altra le indicherà il suo posto. E sarà la fine di un capitolo della sua vita. Niente sentimentalismi, solo un’altra constatazione. Del resto è la fine di un capitolo anche per me, che, dopo Michela e Giovanna, ho perso per chissà quanto tempo un altro punto di riferimento.

“La paghi tutta, e a prezzi d’inflazione, quella che chiaman la maturità” (Francesco Guccini)

5 risposte a “Il momento dell’addio

  1. ) Cavolo. Ma mi sono meritata anche un post tutto mio? E dire che il mio anno in Cina non è stato da super eroine. Però mi sono divertita, e ci siamo divertiti assieme. Ci daremo appuntamenti su skype così mi racconti del nuovo punto di riferimento? 😉 T'abbraccio forte, bell'uomo. Chissà quante cose avrai da raccontare. Io inizierò scrivendoti una mail. Con tanto ammore. I.

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