Dragoni, templi e Budda

Martina ha denti perfetti e bianchissimi tra labbra sottili. Forse è per questo che quando sorride il suo volto si illumina e i suoi intensi occhi verde smeraldo sembrano accendersi di mille sfumature. Certo che la Polacchia dev’essere un gran bel posto dove vivere se ci nascono simili creature. Però quanto mi sono costati quegli occhi e quel sorriso: adesso dovrei essere al fianco di Leon, del Colonnello, di Spiritello e di Gianni Morandi a correre appresso ad un pallone, e invece sono qui, davanti alla “Porta del Dragone”. Ora, io non so come dovrebbe essere una porta affinché sia definita “del Dragone”, ma mi aspetto che sia leggermente più affascinante e mistica di questa qui. Due assi verticali ed un architrave, caratteri dorati, uno sbiadito color vermiglio, la copertura rialzata alla cinese. E tutti a fare foto. Anche il compagno Akira san, che sotto questo punto di vista è una garanzia. “L’hai portata la macchina fotografica?”, “Meglio ancora, ho portato Akira.” Akira san è efficiente, silenzioso e consuma poco. Una ciotola di riso ogni tre o quattro ore e ti sei assicurato un servizio fotografico in piena regola. Pensare che per arrivare fino a qui abbiamo cambiato tre autobus e poi camminato sotto il sole cocente su di un sentiero che si inerpica su per il fianco di una montagna. E attraverso i vetri sporchi di un pulmantino cigolante e sgangherato ho avuto un assaggio di quella che molti definiscono la “vera Cina”, avvolta in una nube impenetrabile di polvere e di desolazione, lontana anni luce dai grattacieli e dagli alberghi a cinque stelle del centro. Una sorta di incubo cubista dove ogni persona e oggetto sembra deformarsi continuamente in un vortice di assurdità senza fine, un guazzabuglio di forme innaturali e rumori assordanti. Non so quanto questa Cina sia molto più “vera” di quella che ho visto finora, di sicuro tra le due esiste ancora un abisso. Che le autorità stanno cercando di colmare nel modo eticamente più sbagliato ma economicamente più proficuo: distruggendo e ricostruendo da zero. Di ristrutturare vecchi quartieri non se ne parla nemmeno: costerebbe troppo e i nuovi ricchi cinesi non ci andrebbero mai a vivere. Bisogna tirare su alti grattacieli dotati ogni comfort, così si risparmia spazio e si fanno soldi a palate. È un processo che si può notare ad occhio nudo spostandosi dal centro verso la periferia, con i moderni palazzoni che piano piano rosicchiano tutto quello che c’era prima, e procede talmente veloce che tra meno di dieci anni questa città avrà una faccia completamente diversa. Quella che molti definiscono la “vera Cina” è destinata a sparire. “Allora, è valsa la pena rinunciare al calcio?” la voce di Martina si insinua tra le mie elucubrazioni e mi riporta alla realtà. Se non fosse per quegli occhi e quel sorriso, le urlerei in faccia che no, non ne è valsa affatto la pena. Che nonostante il cielo più o meno limpido la vista di cui si gode da quassù è tutto fuorché mozzafiato, anzi quella cappa grigiastra che avviluppa le case e i palazzi di Kunming come un sudario non fa che ricordarmi quanto anche questa città sia tremendamente inquinata. Almeno per i nostri canoni, visto che i cinesi ci vengono in vacanza per respirare un po’ di aria “pulita”. E poi cos’è sta caciara, un tempo questo era un luogo di meditazione e contatto con la natura e adesso pullula di chiassosi teenager troppo impegnati a scattarsi foto e mangiare schifezze per rendersi conto di dove sono. Questo direi a Martina, se non fosse per quegli occhi e quel sorriso. Così rispondo come un automa: “Certo che ne è valsa la pena, sarei stato uno sciocco a preferire uno stupido pallone a questo autentico spettacolo della natura.” A volte penso che siamo noi maschi il vero sesso debole. Fortunatamente le irritanti attenzioni delle ragazzine cinesi sono monopolizzate da Camil, Macek e David, che in tre fanno due paia di occhi azzurri e quasi sei metri di altezza. Cosa gli daranno da mangiare a questi polacchesi vorrei proprio saperlo. La visita delle suggestive “Montagne Occidentali” prosegue tra tempietti troppo impeccabili per avere un sapore di passato, statue di panciuti Budda che sembrano manichini e negozi di souvenir dove si vendono calendari con le immagini di Mao a più di 100 yuan. Mentre scendiamo in silenzio, stanchi e affamati, penso che questo posto è un bel parco giochi dove portare i propri figli o la propria ragazza, ma niente di più. Evidentemente è quello che si aspettano i cinesi da un luogo come questo. Diciamo che l’immaginazione non è proprio il loro forte, loro hanno bisogno di vedere le cose senza crepe, senza parti mancanti, tutte intere e perfette come erano un tempo. Ma cosa ne sarebbe del Colosseo se qualcuno si mettesse a ricostruirne le parti mancanti?
La cosa più bella di stare con i miei amici polacchesi è che i nostri incontri si concludono sempre con grandi abbuffate e grandi bevute, e anche se non ci capisco un accidente quando parlano quella loro lingua piena di “K” e di “Y”, è un piacere sedere al loro tavolo. “Sabato prossimo pensavamo di andare al Tempio di Bambù, sei dei nostri?”
Dì di no, dì di no, dì di no, dì di no, dì di no, dì di no. Cristo, dì di no.
“Veramente Martina… sabato prossimo io… ecco… vabbè, ci sarò.” D’oh.

“Due settimane fa sono stato coinvolto in un buon esempio di contraccezione orale. Ho chiesto a una ragazza di venire a letto con me e lei mi ha detto di no.”
(Woody Allen)

2 risposte a “Dragoni, templi e Budda

  1. 'a vera Cina aò.Ma se in 3 fanno 5 metri, la media è meno di 1.70 a testa. XDComunque sì, se vuoi l'aria pulita mi sa che devi solo andare in Mongolia.

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