“GoKunming” è un sito dedicato principalmente agli stranieri che vivono in questa città o che stanno pensando di andarci a vivere: offre informazioni turistiche, il calendario completo degli eventi organizzati dai locali più in, notizie in tempo reale, recensioni e commenti su ristoranti e alberghi e persino ricette per imparare a cucinare piatti tipici dello Yunnan. Ci sono poi i vari forum che permettono ai membri di interagire tra loro, scambiarsi suggerimenti, postare degli annunci, vendere e comprare praticamente di tutto. È stato proprio su uno di questi forum che ho trovato l’annuncio di Nancy, nella cui dimora alloggio ormai da più di una settimana. Ed è sempre grazie ad uno di questi forum che adesso, sera di venerdì 14 ottobre, mi trovo affacciato al balcone di un bilocale al decimo piano di un enorme palazzo in un moderno complesso residenziale non troppo lontano dal centro, circondato da decine di ragazzi di tutto il mondo. La ragazza bionda con un piercing al naso e gli occhi di un verde chiarissimo che distribuisce economiche birre cinesi a destra e a manca si chiama Kirstine, è danese ed è una delle prime persone che ho conosciuto qui a Kunming. A dire il vero ci siamo conosciuti, ma forse sarebbe più appropriato dire “siamo entrati contatto”, ancora prima che io salissi sull’aereo, precisamente qualche giorno dopo aver postato un annuncio nel forum “Sharing apartments” di “GoKunming” in cui mi presentavo e chiedevo se qualcuno fosse interessato a condividere un appartamento con un simpatico mangiaspaghetti dai modi affabili. La risposta di Kirstine mi aveva lasciato un po’ perplesso: senza nemmeno accennare alla sua età e provenienza, mi informava che era alla ricerca di un posto in cui vivere da più di una settimana ma che fino a quel momento non aveva avuto molta fortuna. Poi mi chiedeva quando sarei arrivato, se avevo già trovato un coinquilino e se anch’io avevo in mente di studiare alla Yunnan Normal University. Le comunicai la data del mio arrivo, promettendole che mi sarei fatto vivo io una volta in Cina. “E’ pur sempre un contatto, può far comodo in ogni caso” avevo pensato in quel momento, salvo poi rimuovere immediatamente il suo nome e la sua e-mail nel vortice incessante dei preparativi per la partenza. Appena arrivato al Camellia hotel, tuttavia, trovai un’altra sua missiva tra la mia posta elettronica in cui, tra mille scuse, mi rivelava di aver cambiato idea in merito alla questione “condivisione appartamento”, che aveva invece deciso di andare a vivere da sola in un bilocale quasi completamente privo di arredamento non molto distante dall’università. Però, diceva, potevo andare lo stesso a stare da lei per un po’, almeno fin quando non avessi trovato un posto anch’io. La ringraziai per la cortesia e dissi che me la sarei cavata da solo, che avevo una settimana per cercare casa e che me la sarei fatta bastare. Restammo comunque in contatto, aggiornandoci di continuo sui nostri rispettivi progressi: io le raccontavo degli appartamenti che vedevo e lei della sua massacrante opera di arredamento della sua nuova casa. Era come parlare con una vecchia amica, con la differenza che noi non ci eravamo mai visti. Quando si dice “una persona alla mano”. Poi una sera decidemmo di incontrarci per una birra al “Salvador’s”, uno dei i locali più cool tra noi ricchi e fighi expats. La trovai alla fermata del bus a sgranocchiare semi di girasole. “Hey man!” mi salutò, “Want some?” Infilava almeno due o tre “fuck” in qualsiasi frase, e ad ogni pausa si voltava e sputava a terra le bucce dei semini. Stava letteralmente morendo di fame, così avrebbe ordinato un fottuto cheeseburger e si sarebbe scolata una fottuta birra. Lamentandosi per la fottuta assenza del fottuto cheese, divorò il suo fottuto panino in meno di cinque fottuti minuti, e non fece complimenti quando le offrii metà del mio sandwich che invece di cheese ne aveva anche troppo. Ricordo che chiacchierammo per una buona oretta, forse anche di più. Lei mi parlò del suo viaggio spirituale in Tailandia insieme al padre divorziato, del suo ex ragazzo tedesco, delle sue esperienze psichedeliche nella mitica Shanghai e della neve in Danimarca. Io le parlai del mio meno spirituale viaggio in Indonesia, della mia ex ragazza indonesiana, dell’hamburger di 500 grammi che avevo mangiato una volta a Roma, del sole di Napoli e del mare della Calabria. “Hey man” mi disse prima di congedarci, “venerdì prossimo organizzo un party per inaugurare la casa, ti aspetto.”
Ed eccomi qui, sera di venerdì 14 ottobre, affacciato al balcone di un bilocale al decimo piano di un enorme palazzo in un moderno complesso residenziale non troppo lontano dal centro, circondato da decine di ragazzi di tutto il mondo. C’è un ragazzo ungherese che ha visitato più città italiane di quante ne abbia mai viste io, una ragazza ucraina che non sopporta il freddo di Kunming e che inspiegabilmente si è portata appresso solo indumenti primaverili, un ragazzo olandese che dice di saper cucinare l’ossobuco, un silenzioso ragazzo russo alto più di due metri, una ragazza argentina che indossa sempre e solo abiti tradizionali cinesi, un ragazzo giapponese che conosce tutte le parolacce in dialetto napoletano, un ragazzo statunitense di soli 18 anni, una bellissima ragazza norvegese dai tratti somatici asiatici e tanti altri che probabilmente incontrerò all’università. E poi c’è Kirstine, che abbraccia e bacia affettuosamente tutti i suoi ospiti all’ingresso e mi ringrazia di cuore per aver portato un cavatappi. Dal balcone del suo bilocale si offre al mio sguardo la vista mozzafiato di una distesa interminabile di alti palazzi illuminati, e al di là di essi altri palazzi in costruzione.
“Sono un ragazzo fortunato perché mi hanno regalato un sogno”
(Lorenzo Cherubini)
Innanzitutto, continua ad esportare I Laganà! Vedo che in qualche modo ti sei sistemato ed inizi ad avere un giro di amicizie, aggiorna sulla norvegese di origine asiatica. :pFederico