Da sotto un ombrellone

Vedi Ferdi, questa roba dell’Italia è un gran casino. Forse un giorno riuscirò ad essere un po’ più specifico al riguardo, ma non ci sperare troppo. Per ora, comunque, accontentati di questa definizione fumosa.

Paradossalmente se me lo avessi chiesto qualche anno fa ti avrei dato una risposta più decisa, anche a costo di risultare cinico e sprezzante. Le granitiche certezze della gioventù che puntualmente svaniscono nel crescente cicaleccio della vita, nel rumore sempre più molesto che seppellisce tutto.

Come lo sferragliare di questo treno che sta per condurci nelle recondite profondità della penisola. Hanno ridipinto la carrozzeria di un rosso vivo, ridisegnato i loghi e montato sedili più comodi, ma questo assordante stridore metallico mi riporta indietro di anni. Quando facevo su e giù immaginandomi il futuro con il naso schiacciato sul finestrino, mentre mi passava davanti una interminabile successione di spiagge selvagge popolate da casermoni di cemento mai completati.

Se guardi bene ne troverai ancora qualcuno lungo il percorso, in una agonizzante e insopportabile attesa della fine.

Ora posso dire che nessuna di quelle fantasie, anche le più sfrenate, si è mai nemmeno avvicinata a ciò che poi è stato. E, intendiamoci, va benissimo così. Ah no, c’era quell’idea fissa di squagliarsela quanto prima, andarsene più lontano possibile. Quella l’ho nutrita con impegno e ostinazione fino a farne la cifra della mia intera esistenza.

Potresti chiedermi da cosa cercassi di scappare. Da un copione già scritto? E come ci sente ogni volta a tornare? Sensi di colpa ne abbiamo? Ma insomma, cos’è tutta questa fastidiosa introspezione, questa psicanalisi spicciola un tanto al chilo. Siamo in vacanza, goditi questa incantevole vista da sotto l’ombrellone.

Siamo stati in luoghi esotici, tra spiagge paradisiache e acque dai colori sgargianti, ma qui tutto ha un sapore diverso. A cominciare dalla friselle al pomodoro. O dalle melenzane grigliate.

È estate, e persino questo paesino sonnolento e sperduto ai piedi dell’Aspromonte ha come un sussulto. Ecco, l’Italia è una bella stagione, è una domenica al mare, è un allegro pranzo di ferragosto all’ombra di una grande quercia.

È un falò di notte con gli amici l’ultimo anno di università, prima che ognuno prenda la sua strada. L’Italia è una commedia per famiglie dalle battute scontate ma ammantata di quel sottile velo di malinconia che rende tutto più desiderabile, che nell’epoca delle piattaforme streaming mandano in televisione ogni dannata estate da oltre 30 anni e tu non puoi esimerti dal guardare.

Non ci stai capendo niente, eh. Te l’avevo detto che era un casino. E ora lasciami riposare, perdiamoci nel sinuoso sibilo del vento che si insinua tra gli ulivi. Perché come sempre è una questione di momenti, e quello che adesso sembra limpido presto avrà il sapore dolciastro dei ricordi.

Quando l’aereo si staccherà da terra e, quasi senza accorgercene, con glaciale indifferenza, saremo di nuovo lontani da qui.

Nella vita ci sono al massimo 20 estati buone, dai 17 ai 37 anni. Poi si sopravvive (Enrico Vanzina)

Lascia un commento