Sei bambinaie

Innanzitutto, si usa ancora questa parola? L’ultima volta che l’ho sentita era in un vecchio film della Disney. Mi pare fosse Peter Pan… sì era proprio quello. I genitori dei piccoli protagonisti avevano una soirée e stavano aspettando con ansia questa figura mitologica che io a quei tempi non avevo mai sentito neanche nominare. Figuriamoci se nel profondo sud Italia era lontanamente ipotizzabile una situazione del genere. Ah, il padre stava disperatamente cercando i suoi gemelli, altro oggetto a me completamente sconosciuto.

Chi l’avrebbe mai detto che una trentina di anni più tardi mi sarei trovato esattamente lì: in attesa di bambinaie e alla ricerca di gemelli prima di andare a teatro.

Ad ogni modo, nella speranza di non offendere nessuna categoria professionale, ecco i fatti.

La prima ce la siamo ritrovata direttamente in ospedale subito dopo la fuoriuscita del marmocchietto. Le infermiere ci hanno scrutato perplesse e ci hanno chiesto quando sarebbero arrivati “gli altri”. Quali altri?Abbiamo chiesto, e quelle, non vedendo effettivamente materializzarsi il solito stuolo di suocere, zii, cugini e assimilati, ci hanno indicato un numero e intimato di chiamare immantinenti. La tipa è arrivata in divisa e ha preso in mano la situazione. Non perdeva occasione per bacchettarci e quando entravano medici e infermiere li informava, rigorosamente in dialetto di Chongqing illudendosi di tagliarmi fuori dalla conversazione, della nostra totale inabilità al ruolo di genitori.

La seconda ha assistito ai primi giorni a casa dello gnometto. Competente ma saccente. In modo irritante. Le poche volte che prendevamo una qualche timida iniziativa col bambino, si avvicinava in silenzio, ci osservava ed inspirava profondamente, emettendo un fastidioso rumore con la saliva. Sapevamo che era il preludio all’ennesima, pedante, e certamente non richiesta, lezione su come fare bene le cose. Se chiudo gli occhi la vedo ancora dietro di me correre nella notte, col piccolo di 10 giorni in braccio, verso l’accettazione dell’ospedale pediatrico. Sono immagini che non si cancellano facilmente.

La terza ha pensato bene di venire a recuperare le forze da noi dopo essersi fatta sfiancare da due terribili gemelli. Approfittando della tranquillità del pargolo, si concedeva a qualsiasi ora succosi pisolini. Ci aveva persuasi della bontà di farlo addormentare attaccato al seno, così si evitava anche la seccatura di doverlo venire a riprendere. Dalla fisicità abbondante e burrosa, questa “donna cuscino” garantiva al piccolo comodi e lunghi sonnellini.

La quarta sapeva il fatto suo. Bassa e mingherlina, aveva la durezza di un’istitutrice tedesca dei primi del ‘900. La chiamavamo Fräulein Rottenmeier. Le sue urla di disapprovazione, specialmente quando il biondino si ficcava le dita o altro in bocca, squarciavano il silenzio pomeridiano facendoci rischiare l’infarto. Ancora adesso ogni tanto, nel dormiveglia, mi sembra di sentirla e mi sveglio di soprassalto con la fronte imperlata di sudore.

La quinta ci ha traghettati negli ultimi giorni prima delle vacanze estive in Italia. Probabilmente la più dolce e fine tra tutte, si era però messa in testa di abituare il piccoletto ad addormentarsi da solo nella culla senza dover essere preso in braccio. Praticamente una rivoluzione che generalmente si concretizza nell’arco di mesi. Inutile dirvi quale sia stato l’esito.

La sesta è di là con Ferdi. Puntiamo a tenerla più a lungo possibile, e non perché sia la più brava. Ci saremmo fermati alla prima, ma qui in Cina queste donne vanno via come il pane. Qualche giorno fa, facendole i complimenti per come aveva tagliato le carote, ho scoperto che aveva un ristorante e che poi ha mollato tutto e iniziato questo nuovo lavoro perché “gestire un’attività comporta troppe responsabilità”. Invece passare le giornate con un poppante di 7 mesi, perdipiù straniero, è una passeggiata di salute…

Ma infatti, in fondo non è certo rocket science. Cosa ci vorrà mai.

C’è chi si racconta queste balle, perfettamente consapevole che siano tali, sperando di convincere sé stesso e gli altri, e chi mente spudoratamente.  

La mamma è per me il nido del cuor, colei che ognor ti sa ben guidar, la giusta via ti sa indicar

dal film “Le Avventure di Peter Pan”

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